I top player di Benetton Rugby portano in aula pillole per la costruzione di un team efficace.
Si parla spesso di fare “squadra”, di fare “gruppo”, di riuscire ad amalgamare al meglio il team con cui si lavora in azienda, in una pratica sportiva, nell’organizzare un viaggio o un progetto qualsiasi.
Ma siete consapevoli di come si fa? Secondo voi che ricetta ci vuole per riuscire nell’intento?
L’attività e i nostri mentori
Noi del Master SBS siamo fortunati perché, in queste prime giornate di lezione dell’anno accademico, abbiamo avuto l’opportunità di ascoltare due grandi del Rugby italiano in veste di ex atleti professionisti, allenatori di alto livello e dirigenti sportivi incaricati di organizzare al meglio le nostre linee italiane del giovanile, fino in nazionale… Stiamo parlando di Antonio Pavanello ed Ezio Galon!
Dopo una breve presentazione, in una giornata all’insegna di giochi nei campi da rugby del campus sportivo de La Ghirada ci hanno fatto capire, con tutto il loro bagaglio professionale, i passi base più importanti per formare e quindi arrivare a compiere un bel lavoro di squadra. La loro ricetta si basa su quattro pilastri, considerando un approccio che, come leggerete, ha sicuramente delle radici profonde in questo sport.
Noi studenti abbiamo creato insieme a loro quattro team che, creando fin da subito un nome e un urlo di squadra per dare identità ai gruppi, si sono affrontati nelle diverse sfide proposte, giochi all’apparenza molto semplici, come il passaggio di un pallone, o attività per migliorare concentrazione, rapidità e collaborazione come tris. Ogni attività ci ha messo nelle condizioni di mettere sul piatto le nostre capacità e di migliorare la visione di squadra.
Lavoro di squadra: i quattro pilastri fondamentali per Benetton Rugby
Pressare, ecco il primo pilastro: insistere, fare pressing non solo con l’avversario ma con noi stessi, cercando di non abbattersi alle prime sconfitte e di allenare le debolezze per abbattere i nostri limiti.
Il secondo pilastro emerso è sostenere. Il motivo è che nel rugby per avanzare bisogna passare la palla indietro e il sostegno da parte di un compagno risulta imprescindibile per la riuscita di un’azione. La sua massima espressione pratica ha acquisito concretezza quando ci hanno illustrato in che modo si fa la touche. Due compagni alzano il ricevente sostenendolo, compiendo il gesto tecnico nel migliore dei modi per evitare i possibili rischi della ricaduta.
Anche nella vita aziendale il sostegno reciproco è fondamentale e se manca è pressoché impossibile avanzare. L’unione fa la forza.
Avanzare! Il terzo caposaldo; irrinunciabile in questo sport in cui l’obiettivo è avanzare in modo da portare la palla ovale oltre la linea. Negli esercizi proposti, un membro del team aveva l’obiettivo di avanzare e fare meta il più velocemente possibile per riuscire a fare meglio della squadra avversaria. Nella vita aziendale spesso ci sono momenti di difficoltà e ostacoli ma nonostante questo bisogna essere pronti ad affrontarli, così da poter avanzare.
Continuare. Questo è un verbo di moto che riporta al movimento e all’esercizio fisico. Guardando le moli e l’esplosività degli atleti che giocano a questo sport, risulta essenziale. È un termine che indica la ripetitività e la perseveranza, fondamentale per affrontare i problemi che la vita ci pone e per arrivare agli obiettivi che ogni individuo ha e sogna di raggiungere. Questo si potrà fare solo grazie a continua pressione, sostegno e avanzamento.
Il quinto elemento del team building: l’importanza della comunicazione
Mettere in luce tutti questi aspetti non è facile e molto spesso può portare ad emozioni negative, diventando, al posto che un’esperienza utile, una fonte di frustrazione e stress.
Uno strumento imprescindibile, che non può mai mancare e che funge da collante con tutto il resto è la comunicazione, il quinto ingrediente nascosto che, se omesso, può ridurre drasticamente le probabilità di successo d’impresa.
Appunto per questo il rugby ci insegna che bere una buona birra ghiacciata con i compagni e avversari a fine partita ha il suo perché. È utile per sdrammatizzare una sconfitta, scacciando i pensieri troppo impulsivi che potrebbero solo portare confusione, ma anche per valorizzare una vittoria. È efficace per aumentare il livello di comunicazione interpersonale grazie al confronto, il cui potenziale non dovrebbe mai essere sottovalutato anche nelle dinamiche d’azienda: viva il terzo tempo!
Articolo scritto da Luca Busatto e Giuseppe Martignoni
studenti della XVIII Edizione del Master SBS